Antartide: scoperta una catena di vulcani sottomarini
Le indagini sono state condotte a bordo della rompighiaccio Laura Bassi. Il complesso, mai identificato prima, si trova in una zona strategica per lo studio della calotta glaciale antartica
La straordinaria scoperta di una catena di vulcani sottomarini è stata effettuata nei mari remoti della Terra Vittoria Settentrionale in Antartide, grazie alle indagini geologiche e geofisiche condotte a bordo della nave rompighiaccio italiana "Laura Bassi" dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS nell'ambito del progetto internazionale BOOST finanziato dal Programma italiano di Ricerche in Antartide e coordinato dall'Università di Genova.
La catena di vulcani sottomarini in Antartide
La catena di vulcani è ubicata al largo di una zona remota dell'emisfero australe, a sud del 60° parallelo (nota come Costa di Pennell), dove le correnti circum-antartiche dell'Oceano Meridionale si incontrano con le acque vorticose del Mare di Ross. La catena presenta una lunghezza di circa 50 km e una larghezza massima di 15 km e le sue cime, pur elevandosi di oltre 1500 m rispetto al fondo oceanico circostante, non affiorano in superficie e restano nascoste sotto il mare. Il punto più elevato del complesso vulcanico è a circa 600 m di profondità.
I primi indizi di questa scoperta erano emersi durante la 38esima spedizione italiana effettuata nel febbraio del 2023 e sono stati poi confermati nel corso della 39esima campagna a cui ha preso parte la nave Laura Bassi conclusasi a inizio marzo, finanziata dal Ministero dell’Università e Ricerca (MUR) nell’ambito del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA).
Il progetto BOOST (Bridging Onshore-Offshore STructures at the Pacific Coast of North Victoria Land, Antarctica: an integrated approach) che vede come Capofila l’Università di Genova, coinvolge ricercatori dell’OGS di Trieste, dell’Institute for Geosciences and Natural Resources (BGR) di Hannover, dell'Università di Roma Tre e dell'Università di Trieste.
Il team scientifico ha programmato e realizzato l’acquisizione di diversi dati geofisici e geologici, tra cui: rilievi morfo-batimetrici del fondo mare ad alta risoluzione, linee sismiche e magnetiche, dati aeromagnetici e il prelievo di carote di sedimenti marini.
Un nuovo traguardo esplorativo per le future ricerche
"L’area studiata dal progetto, per la sua posizione strategica, rappresenta una zona chiave per comprendere l’interazione tra i processi geologici legati ai movimenti delle placche litosferiche e l'evoluzione della calotta glaciale antartica" sottolinea Laura Crispini (docente dell'Università di Genova e responsabile scientifica del progetto) "in passato, la zona è stata poco o per nulla investigata, soprattutto a causa della sua posizione geografica remota, spesso coperta da ghiaccio marino e caratterizzata da condizioni meteomarine estreme. Quindi, grazie anche alla combinazione di nuove opportunità logistiche, associate alla presenza di un esperto equipaggio tecnico e scientifico a bordo della N/R Laura Bassi, e contingenti positive condizioni meteomarine, siamo riusciti a registrare un nuovo traguardo esplorativo per nuove e future ricerche".
Il team scientifico prevede di ottenere risultati utili alla comprensione dei cambiamenti globali che caratterizzano il sistema Terra, come l'apertura dei passaggi oceanici che favorirono l’isolamento climatico dell’Antartide con il conseguente raffreddamento e sviluppo della calotta di ghiaccio.
"Le prime analisi rivelano l'esistenza di un complesso vulcanico principale , che occupa una superficie di oltre 500 km2, costituito da un insieme di coni allineati lungo una direttrice N-S, e una seconda dorsale, sempre di origine vulcanica, di dimensioni più ridotte, nella parte meridionale dell’area studio. Gli edifici vulcanici si presentano sia isolati che a formare rilievi allungati e in alcuni casi sono chiaramente visibili i crateri sommitali." specifica Dario Civile, ricercatore e responsabile dell'Unità di Ricerca dell'OGS "Il vulcanismo sembrerebbe essere geologicamente molto recente ma la sua origine ed età dovrà essere attentamente valutata. La scoperta di una catena così giovane e caratterizzata da risalita di lava e fluidi, ha numerose implicazioni rilevanti sia dal punto di vista geologico e geodinamico, che dal punto di vista fisico/chimico, nonché della composizione delle acque e delle interazioni con la biosfera".
* Il PNRA è gestito dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) per il coordinamento scientifico, dall’ENEA per la pianificazione e l’organizzazione logistica delle attività presso le basi antartiche e dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS per la gestione tecnica e scientifica della rompighiaccio Laura Bassi