SANDI, la più approfondita tecnica di indagine della microstruttura cerebrale

Il gruppo di ricerca coordinato da Matilde Inglese, docente UniGe di Neurologia, ha recentemente implementato un nuovo protocollo di imaging avanzato di risonanza magnetica che, con una strumentazione e con tempi di acquisizione compatibili con un contesto clinico, consente la più approfondita tecnica di indagine della microstruttura cerebrale nell’uomo

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica “Human Brain Mapping”, tra le più prestigiose a livello internazionale negli ambiti della radiologia e delle neuroimmagini.

Gruppo di ricerca Inglese-Costagli
Ricercatrici e ricercatori del gruppo "NeuroImaging" del DINOGMI/UniGe e IRCCS Ospedale Policlinico San Martino.
Da sinistra a destra: Caterina Lapucci, Maria Cellerino, Matilde Inglese, Mauro Costagli, Giacomo Boffa

La caratteristica principale della tecnica, rispetto alle altre metodiche avanzate attualmente disponibili sulle migliori apparecchiature di risonanza magnetica in ambito clinico, è quella di consentire la rappresentazione dei parametri principali della microstruttura non solo della sostanza bianca cerebrale, ma anche della sostanza grigia, costituita principalmente dai corpi neuronali. La tecnica si basa infatti su un modello matematico del tessuto cerebrale, sviluppato da Marco Palombo dell’Università di Cardiff, che ha collaborato allo studio. 

Questo modello, chiamato SANDI (Soma And Neurite Density Imaging), consente di discriminare la frazione di segnale di risonanza magnetica proveniente dai neuriti (assoni e dendriti) e dai corpi cellulari (neuroni, cellule gliali), e, di questi ultimi, stimarne la grandezza. 

Mauro Costagli e Simona Schiavi del Dipartimento di neuroscienze, riabilitazione, oftalmologia, genetica e scienze materno-infantili – DINOGMI dell’Università di Genova, in collaborazione con Siemens Healthcare, hanno implementato il protocollo sull’apparecchiatura di risonanza magnetica del reparto di Neuroradiologia dell’Ospedale Policlinico San Martino, con la quale sono stati acquisiti dati sia su volontari sani di controllo, sia su pazienti con sclerosi multipla che hanno fornito il loro consenso a partecipare allo studio. A oggi, si tratta del set di dati di questo tipo con la più alta risoluzione spaziale mai ottenuta su un’apparecchiatura a uso clinico.

Per la prima volta nella letteratura, il gruppo di ricerca ha realizzato accurate simulazioni, confrontate con i dati acquisiti, per valutare la metodica proposta, individuandone i limiti di applicazione e dimostrandone la stabilità e la riproducibilità dei parametri ottenuti utilizzando i dati acquisiti sui partecipanti che si sono sottoposti al protocollo più volte. Nei pazienti con sclerosi multipla, il nuovo protocollo ha evidenziato alterazioni dei parametri SANDI nelle lesioni sia della sostanza bianca sia della sostanza grigia corticale, fornendo informazioni che in alcuni casi hanno consentito la differenziazione di lesioni altrimenti del tutto simili tra loro dal punto di vista dell’imaging attualmente in uso.

Aver reso disponibile questo strumento di indagine su un’apparecchiatura clinica apre la strada ad applicazioni su larga scala nell’ambito delle malattie neuroinfiammatorie e neurodegenerative e nella caratterizzazione sempre più approfondita del neurosviluppo, che consentirà di valutare il possibile importante ruolo della tecnica SANDI nel guidare il percorso terapeutico del singolo paziente.

SANDI esempio
Esempio di applicazione della tecnica SANDI nello studio di due diverse lesioni della sostanza bianca in un paziente con sclerosi multipla. La tecnica mette in evidenza, in entrambe le lesioni, una diminuzione della frazione di segnale ascrivibile ai neuriti (fneurite) e un aumento della frazione di segnale extra-assonale (fextra), mentre soltanto in una delle lesioni viene evidenziata un’alterazione della frazione di segnale ascrivibile ai corpi cellulari (fsoma), un’alterazione della loro grandezza (Rsoma) e della diffusività extra-assonale (De).
di Eliana Ruffoni