Le specie aliene: una minaccia per la biodiversità

Mimosa e altre specie aliene

Fra pochi giorni ricorrerà la Festa della Donna e tradizione vuole che si omaggi la femminilità con un rametto di mimosa. La precoce aurea fioritura è molto apprezzata, ma esiste un lato oscuro della mimosa: la capacità di invadere ambienti naturali, come la macchia mediterranea, soprattutto dopo il passaggio del fuoco. Per la scienza, la mimosa rientra fra le specie del genere Acacia; le varietà più diffuse in Italia sono quelle di Acacia dealbata, di origine australiana; altre, come Acacia longifolia e Acacia saligna, in diversi paesi mediterranei, oltre a danneggiare gli habitat naturali, finiscono per sottrarre terreni all’agricoltura.

Il caso delle mimose non è isolato. Numerose sono le specie largamente apprezzate come ornamento che erodono la  biodiversità nei paesi d’introduzione: il giacinto d’acqua (che impedisce la navigazione fluviale nei paesi tropicali), l’erba della pampas, il fico degli ottentotti e il mesembriantemo (che ricoprono dune e altri habitat costieri), ecc. Più noti sono i casi degli animali, come punteruolo rosso, vespa velutina, cimice asiatica, nutria, soprattutto perché i loro danni sono più evidenti (non necessariamente più gravi) o solo per la maggiore attenzione verso il regno animale.
Le specie aliene sono quelle introdotte accidentalmente o deliberatamente al di fuori della loro area d'origine. Alcune di queste diventano invasive quando si stabilizzano e causano gravi danni alla biodiversità autoctona. Le Invasive Alien Species (IAS) rappresentano la seconda minaccia per la biodiversità, il fattore chiave nel 54% delle estinzioni di specie animali e vegetali, le responsabili della perdita del  5% del PIL mondiale e i vettori di oltre 100 agenti patogeni. I loro impatti sulla biodiversità, sempre più gravi e frequenti anche a seguito dei cambiamenti climatici si esplicano attraverso sostituzione per competizione delle specie autoctone, predazione, ibridazione, trasmissione di patogeni, parassitismo, intossicazione, erbivoria, alterazione della rete impollinatori-piante, aggravamento del rischio d’incendio, modifica delle proprietà chimico-fisiche del suolo. 

Senecio Deltoideus
Deltoideus

Le norme europee

In Europa il 68,8% di specie esotiche naturalizzate è introdotto volontariamente dall'uomo, mentre solo per il 37,2% degli organismi l'introduzione è accidentale. La Commissione Europea ha stimato che il 30% delle specie esotiche abbia causato danni per circa 12,5 miliardi di euro l’anno negli ultimi 30 anni. Le specie aliene invasive sono state, quindi, oggetto della Strategia Europea per la Biodiversità e le norme a cui fare riferimento comprendono il Regolamento (UE) n. 1143 del 2014 (e successive modificazioni) applicato in Italia attraverso il D.lgs. n.230 del 2017. Sono comprese nell’elenco delle specie invasive “unionali” 31 animali e 36 piante.
Ben poche persone le conoscono e sanno che è vietato, non solo introdurle nei paesi UE, ma anche tenerle, allevarle o coltivarle, trasportarle, commerciarle, utilizzarle, scambiarle, porle in condizioni di riprodursi, rilasciarle nell’ambiente.
In Italia si sono contate oltre 3.000 specie aliene, di cui un discreto numero ha capacità invasive.

Piralide del Bosso
Piralide del Bosso

I progetti UniGe

Negli ultimi anni i ricercatori del DISTAV hanno partecipato a diversi progetti europei focalizzando l’attenzione sui metodi di monitoraggio, controllo ed eradicazione delle IAS.
Oggetto degli studi, svolti in collaborazione con altri enti, sono lo scoiattolo grigio, la testuggine palustre americana, la vespa velutina, il punteruolo rosso, la piralide del bosso, la mimosa e diverse specie del genere Senecio. L’impatto delle ultime e i metodi per controllarle sono oggetto del progetto franco-italiano ALIEM, in fase conclusiva. È stata creato un database delle regioni del nord-Tirreno (Sardegna, Corsica, Toscana, Liguria, PACA), una rete di sorveglianza e sono state valutate tecniche diverse di eradicazione, che per Senecio deltoideus, ha coinvolto sia il DISTAV sia i Giardini Botanici Hanbury, con prove che hanno impiegato quattro tecniche biologiche:  pirodiserbo, pacciamatura, trattamento con acido pelargonico e sfalcio meccanico, che si è dimostrato il più vantaggioso.  

Se vogliamo bene alla natura, non lasciamoci sopraffare dai sentimenti; facciamo attenzione ai nostri gesti quotidiani, anche a quelli più innocui e spontanei!

di Mauro Mariotti