Il dono e la relazione
Il dono e la relazione
Pare che Socrate vivesse di doni.
A Socrate offrivano ciascuno secondo le proprie possibilità molti doni; allora Eschine, un discepolo povero, gli disse: "Non trovo nulla da offrirti che sia degno di te e per questo solo m’accorgo di esser povero. Perciò ti dono l’unica cosa che possiedo, me stesso. Ti prego di gradire questo dono, qualunque sia, e pensa che gli altri, pur offrendoti molto, hanno tenuto per se stessi molto di più". E Socrate gli rispose:"e perché il dono che mi hai fatto non dovrebbe essere prezioso, a meno che tu non abbia poca stima di te? Avrò, dunque, cura di restituirti te stesso migliore di come ti ho ricevuto".
Ogni volta che doniamo qualcosa a qualcuno, doniamo un po’ di noi stessi. Con le nostre debolezze o le nostre grandiosità, qualche volta con il nostro utilitarismo o con la nostra capacità di assecondare un obbligo oppure di saper esprimere un sentimento.
Il dono è sempre una scelta, una scelta spesso rischiosa, perché senza garanzie, senza certezze.
È capitato a tutti di ricevere qualcosa che non ci si aspettava: un regalo troppo bello e costoso o un vaso di plastica da un possibile – forse - affascinante fidanzato.
Il dono lascia sempre interdetti e pieni di domande. Parla di noi, della relazione che nasce, esiste, si dipana e si svolge così, tra un dono e l’altro, tra un’attenzione e un’idea.
Il dono è un fatto essenziale, che tutti noi abbiamo incontrato, sul quale ci siamo scervellati, annoiati, stupiti, divertiti.
Il dono è sì un comportamento economico, ma è soprattutto un modo per esprimere il nostro bisogno di relazione, di comunicare quanto e come vogliamo contribuire alla costruzione, al mantenimento e al rafforzamento delle nostre reti relazionali.
Non c’è l’equivalenza nel valore di scambio dei beni come nel mercato, non c’è possibilità di utilizzare un oggetto terzo come la moneta che in qualche modo faccia da riserva di valore: esiste solo la fiducia e la relazione, appunto. Con tutta la loro bellezza, ambiguità, paradossalità e nudità.
Perché, come diceva Marcel Mauss nel suo celebre Saggio “nulla è meno gratuito del dono”. Quando noi doniamo ci aspettiamo che accada qualcosa: un altro dono con cui veniamo contraccambiati, un riconoscimento, un gesto… Qualsiasi forma prenda la nostra aspettativa, il nostro donare sottende a un bisogno di relazione, di legame.
Ecco perché il dono può essere paradossale, sorprendente, addirittura avvelenato. Il dono esprime una intenzione, un desiderio, una aspettativa che fa sempre riferimento all’ambito delle relazioni. E le relazioni, noi tutti lo sappiamo bene, non sono necessariamente e solo “buone”, ma anzi possono mettere in evidenza squilibri di potere, sentimenti di invidia e così via. Eppure sono le relazioni ciò di cui abbiamo sempre bisogno: costituiscono un bene prezioso, di cui nessuno, nemmeno l’homo oeconomicus più sfrenato, può fare a meno. Le relazioni che si costituiscono grazie al rischio del dono e proseguono proprio grazie all’incessante asimmetria del dono stesso, educano alla fiducia, all’ascolto, alla dimensione dell’alterità, del dialogo, perché, come ci ha insegnato Martin Buber davvero “all’inizio è la relazione”.