Il recettore GPR17 come potenziale bersaglio farmacologico per il trattamento della SLA
I risultati di un progetto pilota finanziato da AriSLA - Fondazione italiana di ricerca per la sclerosi laterale amiotrofica e coordinato da Marta Fumagalli, ricercatrice del gruppo di Maria Pia Abbracchio del Dipartimento di Scienze Farmacologiche e Biomolecolari dell’Università degli Studi di Milano Statale, sono stati da poco pubblicati sulla rivista International Journal of Molecular Sciences.
L'Università di Genova collabora a un primo importante risultato
Lo studio, che ha visto la collaborazione del gruppo di ricerca di Giambattista Bonanno, professore di Farmacologia presso il Dipartimento di Farmacia dell’Università di Genova, che si occupa da 15 anni di studi sulla Sclerosi laterale amiotrofica (SLA), individua il recettore GPR17, importante regolatore del differenziamento dei progenitori degli oligodendrociti (OPC), come potenziale bersaglio farmacologico per il trattamento della SLA.
GPR17 è un recettore presente sulla membrana di una sottopopolazione di OPC e di oligodendrociti immaturi, ma non di cellule mature. In altri modelli sperimentali di neurodegenerazione, un aumento aberrante di GPR17 risulta infatti associato a perdita di mielina.
Un approccio innovativo per il trattamento della SLA
La SLA è una malattia neurodegenerativa che colpisce i motoneuroni (le cellule nervose che controllano i muscoli), portando a paralisi progressiva di tutta la muscolatura. La aspettativa di vita, dopo la diagnosi, è mediamente di 3-5 anni, anche se il suo decorso presenta diverse manifestazioni in ogni paziente che ne è affetto. Ad oggi, non esiste una terapia che contrasti in modo efficace la malattia.
Studi recenti hanno mostrato che la degenerazione dei motoneuroni nella SLA è strettamente associata a (e probabilmente preceduta da) disfunzione degli oligodendrociti, le cellule che, producendo la “guaina mielinica”, avvolgono e proteggono i processi neuronali. Aumentare le capacità riparative degli OPC presenti del tessuto nervoso, favorendone la maturazione a cellule mielinizzanti, rappresenta un approccio innovativo per il trattamento di questa malattia.
I risultati dello studio
Lo studio appena pubblicato dimostra un aumento anomalo di GPR17 nel tratto lombare del midollo spinale di topi SOD1G93A, un modello sperimentale di malattia. Questa alterazione, che conferma i dati già ottenuti sul recettore in altri modelli di danno del sistema nervoso, è già presente agli stadi presintomatici della malattia ed è mantenuta fino allo stadio sintomatico tardivo, ed è accompagnata da una riduzione dei livelli di espressione del marcatore di oligodendrociti maturi CC1, indicativa della degenerazione degli oligodendrociti.
Isolando gli OPC dal midollo spinale dei topi SOD1G93A e valutandone il comportamento in coltura, i ricercatori hanno anche evidenziato una riduzione della capacità di maturazione di questi precursori, che rimangono quindi ad uno stadio non mielinizzante.
Ma il dato forse più importante è che, nelle cellule in coltura, il farmaco montelukast, che agisce sui recettori GPR17, si è dimostrato in grado di correggere questo difetto, ripristinando la capacità degli OPC di generare cellule mature mielinizzanti.
Ma il dato forse più importante è che montelukast, farmaco già ampiamente utilizzato in clinica per la terapia dell’asma e attivo su GPR17, nelle cellule in coltura si è dimostrato in grado di correggere questo difetto, ripristinando la capacità degli OPC di generare cellule mature mielinizzanti. Già in precedenza, studi preclinici hanno proposto montelukast come possibile trattamento di patologie neurodegenerative.
I risultati appena pubblicati rappresentano un punto di partenza importante, per ora sui sistemi cellulari, che ci incoraggiano a proseguire con gli studi in vivo nel modello murino SOD1G93A sui possibili effetti e meccanismi molecolari protettivi di montelukast sulla malattia e sugli OPC esprimenti il recettore GPR17.
I commenti di AriSLA a questo importante traguardo
Anche Fondazione AriSLA esprime un forte apprezzamento per questi incoraggianti risultati. “Gli esiti di questo studio – sottolinea il Presidente Mario Melazzini – ci dimostrano quanto sia importante la ricerca di base e che dobbiamo continuare a supportarla e ad investire in questa direzione”.
“Accogliamo con molto piacere che la comunità scientifica – aggiunge il responsabile scientifico Anna Ambrosini – abbia riconosciuto la validità di questo lavoro. Grazie a un nuovo finanziamento di AriSLA, ottenuto dalla dottoressa Fumagalli con il Bando 2019 e che vede ancora la collaborazione del gruppo di Giambattista Bonanno con Tiziana Bonifacino dell’Università di Genova (partner del progetto), questo studio potrà continuare e consolidare i risultati già ottenuti”.