L’intelligenza artificiale e il suo impatto su società e individui
Quali sono gli impatti a lungo termine dell'IA sulla società e sugli individui? Proviamo a rispondere adottando una prospettiva storica per comprendere meglio le implicazioni future.
Abbiamo approfondito nei mesi scorsi* alcuni dei concetti fondamentali che guidano l'intelligenza artificiale moderna, analizzandone sia le potenzialità che i possibili rischi. Inoltre, abbiamo esaminato l’AI Act, un'iniziativa volta a trovare il giusto equilibrio tra il pieno sfruttamento delle opportunità offerte dall'IA e la necessità di mitigare gli effetti indesiderati.
Un po’ di storia…
L'IA rappresenta l'ultima tappa di un lungo processo di tecnicizzazione della società, un fenomeno che il filosofo contemporaneo Umberto Galimberti descrive come “Età della Tecnica”. Le radici di questo pensiero tecnico risalgono a tempi antichi, con Platone (circa 400 a.C.), considerato uno dei padri fondatori. Platone fu tra i primi a tentare di dare un ordine al mondo attraverso modelli ideali, ponendo le basi del pensiero astratto, che è alla base della tecnica. Il pensiero astratto consente infatti di modellare la realtà, di comprenderla e di influenzarla. Tuttavia, è con le rivoluzioni industriali che la tecnicizzazione ha iniziato ad esercitare un impatto concreto e tangibile sulla società e sugli individui.
La prima rivoluzione industriale, nel XVIII secolo, fu innescata dall'introduzione della macchina a vapore, dalla meccanizzazione della produzione tessile e dalla lavorazione del ferro. Questi sviluppi portarono alla meccanizzazione delle industrie tradizionali, incrementando la produttività e favorendo l'urbanizzazione. La seconda rivoluzione industriale, nel XIX secolo, fu guidata dall'adozione dell'elettricità, del motore a combustione interna e dall'espansione delle ferrovie, elementi che portarono a un uso diffuso dell'elettricità, alla nascita dell'industria automobilistica e all'espansione dell'industria pesante. La terza rivoluzione industriale, nel XX secolo, si caratterizzò per l'avvento dei computer, della tecnologia digitale e di internet, che introdussero la digitalizzazione delle informazioni e l'automazione dei processi, trasformando profondamente le industrie e le comunicazioni. Infine, la quarta rivoluzione industriale, nel XXI secolo, è contraddistinta dall'intelligenza artificiale e dalla convergenza di tecnologie fisiche, digitali e biologiche.
Ogni rivoluzione ha portato con sé sia benefici che sfide, ma tutte, in una prospettiva storica, hanno profondamente trasformato la vita delle persone e la struttura della società nel lungo periodo.
Gli impatti a lungo termine del cambiamento
Durante lo sviluppo delle varie rivoluzioni industriali, sono emersi in modo evidente sia i benefici che le sfide poste da queste trasformazioni.
Giorno dopo giorno, individui e società hanno dovuto sfruttare le nuove tecnologie e confrontarsi con le loro conseguenze. Tuttavia, gli impatti più profondi e meno immediati delle rivoluzioni industriali hanno trasformato in maniera radicale sia le persone che la società, manifestandosi su una scala temporale più dilatata e quindi meno percepibile rispetto alle sfide quotidiane.
Queste rivoluzioni hanno ridotto l'importanza delle capacità fisiche umane (come forza, velocità e resistenza), diminuito la necessità di certe professioni (prima i contadini e gli allevatori, poi gli operai), e favorito un maggiore accentramento degli insediamenti, spingendo le persone dalle campagne verso le città. Parallelamente, hanno richiesto un innalzamento del livello di istruzione e cultura (dall'alfabetizzazione ai dottorati), creato nuovi bisogni (non solo beni di sussistenza, ma anche comodità e lussi), e introdotto un diverso modo di concepire la socialità (dalla dimensione familiare e di paese alla società liquida descritta dal sociologo Zygmunt Bauman).
Nei cambiamenti è stato coinvolto ogni ambito: dal mestiere del costruttore, che è passato dall'utilizzo di pochi materiali semplici e molta manodopera all'impiego di materiali tecnologicamente avanzati che richiedono sempre meno lavoro manuale, fino al lavoro del ricercatore, che è passato dalla difficoltà di reperire le ricerche più aggiornate, facendosi spedire articoli e libri da tutto il mondo, alla complessità odierna di filtrare la mole enorme di informazioni disponibili.
Tali trasformazioni hanno avuto un impatto significativo non solo sugli aspetti pratici della vita quotidiana, ma anche sulla nostra visione del mondo e sulla comprensione della nostra stessa esistenza.
Gli individui hanno dovuto reinventarsi, trovando nuove opportunità di sviluppo personale laddove la tecnologia ha lasciato spazio (nelle prime rivoluzioni industriali, ad esempio, si è passati dalla predominanza della forza fisica all'importanza dell'intelletto). Allo stesso tempo, la società ha dovuto adattarsi a un nuovo modo di convivere, fornendo le tutele e le compensazioni necessarie per gestire i continui cambiamenti imposti dalle nuove tecnologie.
Quali spazi liberi ci lascia l'intelligenza artificiale?
Tecnologie per la produzione di testi, immagini, e musica e strumenti in grado di vincere contro gli esseri umani a giochi molto complessi come il Go o gli scacchi, stanno minando, o meglio mettendo in discussione, quale sia nel futuro il ruolo degli individui.
Attualmente queste tecnologie hanno il beneficio di poter essere affiancate all’essere umano per potenziarne le abilità o aumentare la produttività. Esiste anche un aspetto buio di questo aumento di produttività che si traduce in una perdita di posti di lavoro.
Più sul lungo periodo invece, non è chiaro quale sarà l’impatto sul lavoro di queste tecnologie. Avrà senso nel futuro continuare a fare campionati di Go sapendo che una macchina potrà sempre sconfiggerci? Avrà ancora senso scrivere notizie o articoli di divulgazione quando una macchina può produrre qualcosa di migliore e comunque maggiormente calibrato sul singolo lettore? Avrà ancora senso fare concorsi di pittura, fotografia o musica dove le macchine hanno già dimostrato di poter vincere?
Lee Sedol, il campione mondiale di Go, è stato uno dei primi a dover fare i conti con queste domande essendo stato battuto più volte al gioco dove lui era il migliore al mondo.
Queste domande avranno un impatto non facilmente misurabile sulla psiche delle singole persone che dovranno trovare un modo di convivere con queste tecnologie trovando uno spazio libero dove potersi esprimere senza essere sostituiti dell’IA.
Come si può adattare la società alla IA?
Una domanda ancora più complessa è quella di capire come la società possa reagire, sul lungo termine, alla presenza ubiqua dell’IA.
Sul breve termine ci sono già state delle reazioni, dal Data Act all’AI Act, che tentano di limitare l’uso indiscriminato o rischioso dai dati e dell’IA. Questo sta generando non solo effetti oggettivi di regolamentazione ma anche una maggiore presa di coscienza da parte della società su questi problemi.
Sul lungo termine invece le cose sono molto meno chiare e c’è molta meno consapevolezza. Avrà senso nel futuro continuare ad affidarsi sull’attuale sistema giuridico quando le macchine potranno generare sentenze mediamente più eque? Avrà senso continuare a far lavorare lo stesso numero di ore di un impiegato capace di produrre grazie all’IA molto di più? Avrà ancora senso permettere la guida umana quando la guida autonoma sta dimostrando, in certe condizioni, di essere più sicura?
Molti Stati hanno avviato delle sperimentazioni di un “reddito universale base” capace di proteggere le fasce più deboli della popolazione dalla perdita di lavoro (anche ma non solo dovuto all’AI). Questo tipo di soluzione è stata anche promossa da alcuni pionieri dell’AI.
Il concetto di reddito universale di base, sebbene rappresenti una misura significativa per mitigare nel breve-medio termine gli effetti dell'IA sul tessuto socioeconomico, non affronta la questione più profonda legata all'avvento dell'IA e alla conseguente diminuzione delle opportunità di lavoro. Il lavoro, infatti, non si limita a essere una fonte di reddito; esso costituisce anche un fondamentale strumento attraverso il quale gli individui possono realizzarsi, esprimere la propria identità e contribuire al benessere collettivo. L'autorealizzazione e il senso di appartenenza derivano spesso dall'impegno professionale, e la perdita di tale dimensione potrebbe generare implicazioni negative per la coesione sociale. Pertanto, il reddito universale di base, per quanto utile, non può essere considerato una soluzione definitiva, ma piuttosto una componente di un approccio più ampio e articolato che tenga conto delle molteplici sfaccettature del ruolo del lavoro nella società.
Come aggirare i problemi
La questione centrale che rimane aperta è se l'IA ci permetterà di affrontare i problemi descritti attraverso un’evoluzione graduale e incrementale degli individui e della società, come è avvenuto nelle precedenti rivoluzioni industriali, o se sarà necessaria una trasformazione radicale del nostro modo di essere e di convivere.
Per rispondere a questa domanda, è essenziale comprendere le differenze tra le rivoluzioni industriali del passato e quella attuale.
La prima e più evidente distinzione è la velocità con cui queste rivoluzioni si sono succedute. Ogni rivoluzione industriale è stata più rapida della precedente: la prima ha richiesto oltre un secolo per svilupparsi, mentre l’ultima si è dispiegata nell’arco di pochi anni. Questa accelerazione è dovuta alla progressiva riduzione della dipendenza dalle infrastrutture fisiche. La rivoluzione dell'IA, infatti, è avvenuta con una rapidità senza precedenti grazie alla sua totale smaterializzazione. Strumenti come ChatGPT sono stati adottati globalmente in pochi mesi grazie a internet e alla possibilità di sfruttare la potenza computazionale dei grandi centri di calcolo. Questa rapidità rappresenta il primo elemento critico che distingue e caratterizza la rivoluzione dell’IA rispetto alle precedenti.
La seconda differenza riguarda la motivazione alla base di queste rivoluzioni. Le prime rivoluzioni industriali rispondevano a bisogni comuni e diffusi. Le prime due hanno permesso di soddisfare in modo più efficiente e affidabile bisogni primari come il cibo e il riparo. La terza ha messo in connessione persone, idee e informazioni, rispondendo a un bisogno di socialità e di progresso globale. L'IA, invece, è nata inizialmente per rispondere alle necessità di un gruppo ristretto di attori, principalmente grandi aziende e governi in grado di investire in questa tecnologia. Tuttavia, con la sua rapida diffusione e ubiquità crescente, l'IA sta permeando ogni settore della società, imponendo un nuovo paradigma di interazione e produzione.
Il terzo aspetto che rende unica questa rivoluzione è la capacità dell'IA di auto-evolversi. Le precedenti rivoluzioni industriali si basavano su innovazioni che, una volta introdotte, richiedevano un periodo di assestamento prima di produrre ulteriori progressi significativi. Al contrario, l'IA è in grado di migliorarsi e adattarsi continuamente attraverso l'apprendimento automatico e l'elaborazione di dati sempre più vasti e complessi. Questo potenziale di auto-evoluzione introduce una dinamica di cambiamento continuo e accelerato, rendendo difficile prevedere e gestire le implicazioni a lungo termine.
In conclusione, mentre le rivoluzioni industriali del passato hanno trasformato il mondo in modo incrementale, rispondendo a bisogni largamente condivisi, la rivoluzione dell'IA si distingue per la sua rapidità, il suo avvio elitario e la sua natura auto-evolutiva. Di conseguenza, affrontare le sfide che essa pone potrebbe richiedere non solo un adattamento delle strutture esistenti, ma una profonda reimmaginazione del nostro modo di vivere e interagire, sia a livello individuale che collettivo.
* articoli già usciti:
- https://life.unige.it/intelligenza-artificiale-uomo
- https://life.unige.it/intelligenza-artificiale-comprensione-correlazione
- https://life.unige.it/la-scorciatoia-delle-AI
- https://life.unige.it/luci-e-ombre-intelligenza-artificiale
- https://life.unige.it/IA-disparita-e-disoccupazione
- https://life.unige.it/intelligenza-artificiale-allineamento-esseri-umani
- https://life.unige.it/domande-intelligenza-artificiale
- https://life.unige.it/IA-autodidatte
- https://life.unige.it/AI-act-in-breve
Luca Oneto è docente dell’Università di Genova con specializzazione in intelligenza artificiale; è stato recentemente ascoltato in una audizione alla Camera dei Deputati con un intervento dal titolo: "Indagine conoscitiva sull’intelligenza artificiale: opportunità e rischi per il sistema produttivo italiano".
Luca Oneto è vincitore nel 2019 del Premio Somalvico come Miglior giovane ricercatore italiano in intelligenza artificiale e di due Amazon machine learning research award.