Chi di conflitto ferisce e chi di conflitto perisce
Responsabilità nazionale e collaborazione tra Stato e Regioni
C’è un passaggio della conferenza stampa del Presidente del Consiglio dello scorso 26 aprile che è rimasto sottotraccia a livello mediatico.
Conte sottolinea la necessità del contributo delle regioni per l’attuazione delle misure per il contenimento nella fase 2 dell’emergenza Covid: “alcune regioni”, infatti, afferma il capo dell’Esecutivo, “devono ancora affrettarsi a far pervenire i flussi e quindi ad adottare i relativi decreti”. Altre, poi, “hanno fatto pervenire questi flussi ma solo parzialmente”, sicché il Governo sta attendendo ancora di completare “il patrimonio informativo” necessario a portare avanti la propria azione di contrasto al virus e nel contempo di sostegno a cittadini e imprese.
Ciò lascia intendere un certo disagio e, soprattutto, il preoccupato intento di rinsaldare la collaborazione tra chi “vuole bene all’Italia”. Quella unità, peraltro, che lo stesso Presidente della Repubblica va invocando ormai dall’inizio della pandemia, rinnovando puntualmente l’invito, specie a coloro che ricoprono incarichi istituzionali, alla responsabilità nazionale in un momento altamente drammatico per le sorti del nostro Paese.
Certezza del diritto?
In molti casi, invece, non è stato e non è così. E la Regione Liguria, purtroppo, pare proprio uno di quelli in cui il conflitto tra i vari livelli di governo la sta facendo da padrone.
Non è dato sapere se la nostra Regione sia tra quelle maggiormente parsimoniose nella cessione di dati oppure no. Quello che però certamente rileva è che ci sono dei punti nell’ordinanza regionale emanata poche ore prima del discorso di Conte che risultano letteralmente in rotta di collisione con le norme promananti dallo Stato centrale.
E ci sono, altresì, norme regionali che anticipano taluni contenuti delle medesime norme statali, compiendo così una fuga in avanti, seppure poi sanata a posteriori. Questo, benché le persone paiano essersi bene accorte che le competizioni, incluse quelle elettorali, non è opportuno che si svolgano adesso. Mentre di questa confusione sono proprio loro le principali vittime, sotto tutti i punti di vista, non ultimo l’aspetto giuridico legato al principio di certezza del diritto.
Facciamo un esempio
Supponiamo che un individuo “sia in possesso di una superficie agricola produttiva in un comune non confinante con quello di residenza e che intenda recarvisi in giornata per coltivare il proprio terreno per autoconsumo”.
L’ordinanza Toti lo consente. Invece le norme del decreto Conte ancora vigenti no, dato che gli spostamenti devono essere limitati allo stretto necessario sia tra Comuni limitrofi che all’interno dello stesso Comune. A ben vedere, poi, ciò potrebbe non essere ancora possibile nemmeno dal 4 maggio, quando entreranno in vigore le norme contenute nel nuovo decreto Conte, se non per comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità e motivi di salute. A meno che (qui la novità) non si dimostri che si sta andando (anche) a far visita a propri congiunti, pur sempre in Liguria.
Il ruolo dei Sindaci
Dal canto loro, a complicare ulteriormente le cose, vi sono le prese di posizione dei sindaci, taluni dei quali hanno lasciato intendere di seguire l’ordinanza della Regione, mentre altri hanno dichiarato di voler applicare le norme dello Stato.
Quali competenze? Di chi?
Ora, va chiarito che l’ordinanza e il decreto riguardano una materia di competenza statale.
Non si tratta, infatti, qui di mere questioni gestorie (che spettano in via concorrente, e anche qui non senza limiti in funzione degli obiettivi perseguiti, alla Regione), ma di misure a carattere generale di tutela della salute individuale e pubblica, e dunque di un diritto riconosciuto come fondamentale dalla Costituzione (art. 32). A ciò si aggiunga che è la stessa Carta a stabilire che lo Stato può limitare, in via generale, la libertà di circolazione per motivi di sanità (art. 16).
Peraltro, a ben vedere, al Governo non mancherebbero gli strumenti per far valere la propria potestà. È la Costituzione, infatti, a conferire a esso il potere di sostituirsi a organi delle Regioni (e degli enti locali) nel caso “di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica”, ovvero “quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica”, prescindendosi, dunque, in casi del genere dai confini territoriali dei governi locali (art. 120 Cost).
Inoltre, lo stesso Esecutivo potrebbe, in extremis, sollevare davanti alla Corte costituzionale un conflitto con la Regione: il fatto che, almeno per il momento, ciò non sia avvenuto può essere, è vero, segnale di una certa refrattarietà alla lite sul piano politico, ma può anche stare a significare la volontà di tentare in tutti i modi di preservare la strada del dialogo… vedremo.
Che ne è dei cittadini che vanno a curare il proprio orto?
Data la situazione (e qui si abbandona il ragionamento propriamente giuridico), ci si potrebbe affidare al senso di tolleranza (dettata anch’essa dall’incertezza) delle forze dell’ordine.
Se, poi, invece, vuoi mai, dovessero vedersi comminata qualche sanzione, ad assisterli davanti al giudice, oltre all’avvocato, potrebbe esservi il principio generale del legittimo affidamento, che sta proprio a tutelarli in situazioni giuridicamente contraddittorie.
Come si vede, almeno lo stato costituzionale di diritto non è privo di anticorpi: speriamo che anche i conflitti possano essere evitati o subito sanati.
La prof.ssa Lara Trucco è Ordinario di Diritto costituzionale dell'Università di Genova, coordinatrice del Corso di laurea magistrale in Giurisprudenza e Direttrice del Campus di Imperia.