Il futuro dei caschi proviene dal mare: nasce il D-HAT, un casco ispirato ai gusci protettivi delle alghe
Lezioni dalla Natura sulla protezione individuale
Il connubio tra biologia marina e ingegneria ha dato vita a un nuovo e sorprendente approccio alla sicurezza personale: nasce così D-HAT (Diatom-inspired Helmet Against Trauma), un innovativo concetto di casco ispirato alle diatomee.
Le diatomee sono organismi microscopici che, attraverso milioni di anni di evoluzione, hanno sviluppato strutture che non solo offrono una protezione meccanica straordinaria contro urti e attacchi predatori, ma integrano al tempo stesso funzionalità complesse che permettono loro di controllare il trasporto nelle correnti, regolare i flussi di nutrienti e di sostanze di scarto e interagire in maniera ottimale con la luce. Un equilibrio perfetto tra robustezza e versatilità, reso possibile dal design sofisticato e gerarchico dei loro gusci.
Il laboratorio M3M del Dipartimento di Ingegneria Meccanica, Energetica, Gestionale e dei Trasporti (DIME) dell’Università di Genova, guidato da Flavia Libonati, ha dimostrato come questo modello biologico possa guidare la progettazione di nuovi materiali multifunzionali, efficienti e personalizzabili, aprendo la strada a dispositivi protettivi di nuova generazione.

Progettazione biomimetica
D-HAT non è un semplice esercizio di design, ma una vera e propria rivoluzione nel campo della protezione individuale, nata da un approccio biomimetico alla progettazione dei materiali.
La biomimetica si basa su un processo di trasferimento tecnologico dalla natura all’ingegneria: si osserva un sistema biologico – in questo caso l’esoscheletro delle diatomee Coscinodiscus – per estrapolarne i principi strutturali e funzionali più efficaci, adattandoli a scala ingegneristica.
Nel progetto D-HAT, il team di ricerca ha mantenuto l’architettura gerarchica e multistrato di questi microrganismi, ma ne ha modificato le dimensioni e sostituito il materiale costitutivo (la silice naturale) con un polimero elastomerico stampabile in 3D, per adattare la struttura a sopportare impatti ripetuti e a soddisfare i requisiti dell’ingegneria sostenibile moderna. Attraverso simulazioni numeriche e test sperimentali su campioni stampati in 3D, è stato ottimizzato il comportamento della struttura bioispirata, ottenendo un materiale multifunzionale per la progettazione di caschi di nuova generazione.
Le caratteristiche chiave sono:
- maggiore capacità di assorbimento dell’energia d’urto rispetto alle tradizionali schiume espanse;
- possibilità di customizzare le proprietà di assorbimento in base al peso della persona o all’attività per cui è prevista protezione;
- geometrie ventilate e peso ridotto, per aumentare il comfort senza rinunciare alla protezione;
- versatilità progettuale, con la possibilità di integrare sensori, canali per la ventilazione e altri dispositivi intelligenti.

Dal laboratorio alla strada
Il prototipo D-HAT rappresenta solo l’inizio di un percorso che punta a trasformare l’innovazione scientifica in soluzioni concrete per la sicurezza quotidiana.
Uno degli sviluppi più promettenti riguarda la personalizzazione del casco attraverso tecniche di reverse engineering: partendo dal rilievo delle misure antropometriche della testa dell’utente, è possibile adattare in modo preciso la geometria interna del casco, garantendo così un fit ottimale, maggiore comfort e una distribuzione più efficace delle sollecitazioni in caso di impatto.
Accanto alla customizzazione, il team sta lavorando per ampliare ulteriormente le funzionalità del materiale biomimetico, studiandone il comportamento in condizioni dinamiche per simulare scenari d’urto realistici e valutandone le proprietà fluidodinamiche per ottimizzare la ventilazione naturale del casco. Inoltre, è in corso l’esplorazione di soluzioni intelligenti, come l’integrazione di sensori per il monitoraggio strutturale in tempo reale.
L’obiettivo finale è ambizioso ma chiaro: dare forma a una nuova generazione di dispositivi protettivi, capaci di unire la sofisticazione funzionale della natura all’efficienza della progettazione ingegneristica, per caschi sempre più sicuri, confortevoli e su misura.
Questa iniziativa dimostra come la ricerca interdisciplinare e la valorizzazione della creatività possano trasformare l’osservazione della natura in soluzioni tecnologiche d’avanguardia per la protezione dell’uomo.

Il lavoro di ricerca e progettazione è stato portato avanti da un gruppo di ricerca costituito da Ludovico Musenich, primo autore dell’articolo, dallo studente Lorenzo Strozzi, e da Flavia Libonati e Massimiliano Avalle, mentre Anna Pippo ha curato il design estetico e i rendering del casco bioispirato.
Questo lavoro è stato realizzato nell’ambito di un progetto di ricerca più ampio (di cui abbiamo già scritto qui), coordinato da Flavia Libonati e supportato dall’Università di Genova, grazie al finanziamento del Curiosity Driven Starting Grant promosso da NextGeneration EU.
I risultati di questa ricerca pionieristica sono stati pubblicati su Advanced Intelligent Systems (Wiley: DOI: 10.1002/aisy.202400419) e promossi sulla copertina di tale rivista, a testimonianza della rilevanza e dell’originalità del lavoro.
